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Edizione 2018
I MINERALI DELLA SICILIA
Le esposizioni tematiche della 49a edizione del Bologna Mineral Show, vedono ancora una volta protagonista la Sicilia, e questa volta non solo dal punto di vista mineralogico. La Sicilia vanta infatti una grande tradizione mineraria che nei secoli ha contribuito non poco a costruirne il tessuto sociale ed economico. Uno dei modi per capire quanto questo sia vero, è approfondire quanto, attraverso il lavoro, tutto ciò sia costato e quanto abbia dato alla gente di Sicilia, andando oltre la bellezza dei cristalli rinvenuti durante le operazioni di miniera. Cristalli che ancora oggi possiamo ammirare e che sono memoria di un grande passato. Saranno infatti esposti, grazie alla collaborazione con il collezionista palermitano Corrado Ferrito, gli straordinari campioni mineralogici estratti dalla miniera “La Grasta”, una delle più celebri miniere di zolfo della Sicilia, soprattutto per le splendide celestine azzurre che hanno reso famoso questo sito in tutto il mondo. La collaborazione con il Distretto Minerario di Caltanissetta consentirà inoltre di accedere a mappe e documenti storici di rilevante importanza mineralogica.
La Sicilia è famosa non solo per i cristalli delle miniere di zolfo; vi si trova infatti una rara e pregiatissima varietà di ambra, la simetite, apprezzata da studiosi, collezionisti e gioiellieri per la purezza e per il colore molto caldo, quasi rosso che la rende unica al mondo. La simetite si rinviene prevalentemente in prossimità della foce del fiume Simeto, da cui prende il nome, ma è nota anche in altri luoghi della Sicilia; tra le provincie di Siracusa e Ragusa, sul litorale Ibleo, dove un tratto di costa è da alcuni denominato come “Costa dell’ambra” per via dei ritrovamenti di un tempo. La simetite ha anche una storia meno nota che lega la Sicilia a Bologna, e più precisamente al Museo Bombicci, ancora una volta importante presenza al Bologna Mineral Show. Al Museo Bombicci, è infatti conservata quella che è considerata una tra le più importanti collezioni di reperti in simetite, comprendente sia manufatti che campioni naturali, di cui molti con inclusioni di insetti. Tra questi campioni, acquisiti e catalogati da Luigi Bombicci, particolare attenzione era stata posta allo studio degli insetti fossili, soprattutto formiche, mosche, zanzare e api, alcuni dei quali si sono rivelati nuovi alla scienza e pertanto di grandissimo interesse. Grazie alla collaborazione con il Museo Bombicci di Bologna, sarà esposta un’ampia varietà di questi eccezionali reperti, selezionando tra campioni di maggior pregio estetico ed esemplari di grande rilevanza scientifica.
TANTI MONDI
Il Museo Universitario di Scienze della Terra di Sapienza Università di Roma sarà presente con uno stand nel quale si potranno osservare i mondi microscopici delle sabbie, il mondo sconosciuto dei minerali radioattivi, il mondo extraterrestre di vere meteoriti da toccare con mano, il mondo della luce polarizzata che attraversa le rocce e il mondo magico dei minerali fluorescenti.
I FOSSILI DELLE ARGILLE ASTIGIANE
Anche quest’anno l’Ente Aree Protette
Astigiane in occasione della 49° edizione del Bologna Mineral Show, continua
con l’esposizione di alcune recenti acquisizioni del Museo Paleontologico
dell’Astigiano. Queste sono costituite da esemplari di molluschi fossili molto
particolari e porzioni di tronchi fossili mineralizzati, tutti provenienti da
giacimenti affioranti lungo il corso del Fiume Tanaro, in prossimità della
città di Asti.
Una carrellata dei più importanti e
rari fossili di questi sedimenti astigiani provenienti dalle argille
plioceniche risalenti a 5 milioni di anni fa circa comprende
i coralli piritizzati, i bizzarri
molluschi gasteropodi del genere Xenophora
con specie rarissime e dalla conservazione eccezionale, caratteristici per
agglomerare sul bordo del guscio altre conchiglie e il più grande gasteropode
fossile del Pliocene italiano la Charonia
lampas.
Novità interessante sono alcuni
esemplari di Vermetidi, cioè gasteropodi con la conchiglia tubolare a crescita
irregolare che in questo caso hanno raggiunto dimensioni ragguardevoli e non
comuni, inoltre queste strutture rigide, sul fondo dell’antico mare, formavano
una base d’ancoraggio per diversi organismi, infatti nei campioni esposti si
possono osservare dei Balanidi (Artropodi Cirripedi) che si sono attaccati ai
Vermetidi e caso del tutto eccezionale un Echinoide (riccio di mare irregolare),
che conserva ancora il guscio, ha trovato la sua tana proprio in mezzo a queste
conchiglie.
Eccezionali sono le tre specie diverse
di ossi di seppia con conservazione ottimale, in parte piritizzati. Questi
fossili sono vere e proprie rarità sia per la casualità dei ritrovamenti, sia
per la difficoltà della conservazione della struttura dell’osso di seppia.
Le seppie sono cefalopodi, classe che
comprende anche i polpi, i calamari, i nautili e gruppi ormai estinti come le
ammoniti e le belemniti. Le seppie hanno una particolare conchiglia interna, il
cosiddetto “osso di seppia”, che si presenta porosa e leggera, concamerata in
setti molto fitti. Questa particolare struttura ha un significato funzionale
preciso, permette al gas azotato ivi contenuto di passare tranquillamente attraverso le porosità
favorendo il galleggiamento dell’animale, tramite opportune regolazioni di
pressione.
Si può facilmente comprendere la
difficoltà della fossilizzazione di strutture così delicate e fragili come gli
ossi di seppia. Infatti, per conservarsi questi resti dovevano trovarsi in
condizioni particolari, cioè in ambienti sedimentari profondi, molto
tranquilli, con bassa ossigenazione del fondo e con tassi di sedimentazione
abbastanza alti, in modo da essere sepolti velocemente da depositi che li
isolassero dalle acque permeanti. Queste condizioni sono proprio quelle
testimoniate dalle argille del Fiume Tanaro.
Infine, una sezione è dedicata ai
ritrovamenti di legni fossili che con varie tipologie e conservazione rendono
questi reperti tipici di questa località. Tra questi, oltre a porzioni di
tronchi più o meno “lavorati” dall’azione
protratta nel tempo delle acque del fiume che ne ha modellato le forme,
spicca un campione conservato per silicizzazione con formazioni di calcedonio
azzurro.
Questo a
conferma che questo tratto del fiume si rivela sempre più un importante
giacimento fossilifero